Educarsi al pensiero di Cristo /2
per una
comunità missionaria feriale
Uno
dei verbi attraverso cui si caratterizza un certo modo di pensare la propria
vita è ACCOGLIERE. Non è facile
accogliere, spesso si nasconde dietro un obbligo, ma così non è.
L’accoglienza
va preparata ed è piena di attenzioni. Si deve pensare prima per avere chiaro
come accogliere, quali attenzioni mettere in atto, quali proposte promuovere.
Diviene quindi tutto un percorso, fatto di tappe con le quali l’accoglienza si
manifesta, diventa visibile, sentita e solo dopo viene trasmessa. Non accogliamo
nessuno se prima non accogliamo noi stessi, se prima non capiamo fino in fondo
la sua importanza. L’accoglienza si compone di fatti concreti, di situazioni
vedute e volute atte a raggiungere lo scopo. Accogliere tutti, non solo chi mi
fa comodo. E nella società d’oggi, più che mai deve essere visibile l’accettazione,
l’ospitalità di e in ognuno di noi. Accogliere significa aprirsi ad un altro,
relazionarsi e ospitarlo. Solo se lo ospiti gli dai attenzioni, gli dai il
posto giusto, lo abbracci. Solo se lo accogli, trovi che sei tu stesso accolto.
Nel
nostro Villaggio palpiamo con mano tutti i giorni questa realtà. Siamo
circondati da situazioni che, se le sappiamo accogliere e ci lasciamo
sorprendere, scopriamo che il diverso ci arricchisce e ci cambia. Lasciamoci
sorprendere dalle situazioni, domandiamoci quale posto trovano in me.
Se
continuiamo a considerare i numerosi immigrati extracomunitari sempre diversi,
altro da noi, da evitare, da stare alla larga, abbiamo già costruito dentro un
muro, una muraglia che si manifesta attraverso i nostri atteggiamenti e che
porta persino alla costruzione materiale di barriere più o meno alte. Un
atteggiamento di accoglienza porta alla realizzazione di cose concrete, alla
costruzione di percorsi finalizzati. Nel nostro Paese da molto tempo opera un
organismo pastorale che è la Caritas, composta da tante persone che raccolgono
beni, alimenti, vestiti e tutto l’occorrente con modalità e tempi ben
distribuiti durante l’anno, per consegnarli a chi ne ha bisogno. Trova posto
nei locali della parrocchia e permette di intervenire concretamente ai primi
bisogni delle famiglie.
Una
ventina di giovani tra i 15 e i 30 anni trovano la possibilità di imparare alla
sera la lingua italiana per migliorare le aspettative future di lavoro. Bisogna
ampliare forme similari di accoglienza; i modi e i tempi si trovano se al primo
posto prevalgono le buone relazioni con i vicini e la profonda convinzione che
devo accogliere ogni uomo ferito o bisognoso come il buon Samaritano.
Luciano Nardi